La passione per il calcio - Intervista a Simone Patelli
09 agosto 2015
Simone Patelli si racconta sul taccuino di Corrado Barenco:
Già da piccolo quando giocavo negli allievi sentivo questa passione per il calcio e sognavo di raggiungere gli alti livelli nei quali vedevo i miei miti. Poi ho giocato cinque anni nell'allora divisione nazionale B e quello è stato il massimo che sono riuscito a raggiungere come calciatore attivo. Ma la passione è rimasta e allora ho iniziato ad allenare i ragazzini: un'attività stimolante confrontato con la spontaneità dei bambini ma anche con la gran voglia di imparare.
Inizia così l'intervista a Simone Patelli, dal mese di marzo di quest'anno allenatore dell'AC Bellinzona dove ha sostituito Arno Rossini. Dopo la conquista della promozione in seconda interregionale Simone Patelli è stato riconfermato alla guida della squadra granata.
Eppure dopo cinque anni di allenatore a Ascona aveva deciso di fare una pausa.
Si, la situazione professionale (è direttore del camping Campo Felice) e quella famigliare (è padre di quattro figli) ma anche una certa saturazione nei confronti del calcio mi avevano spinto a fare un anno di pausa per dedicarmi alla professione e alla famiglia ma anche per migliorarmi attraverso la formazione. Dopo sei mesi è però giunta la richiesta del Bellinzona e non ho potuto rifiutare perché la piazza della capitale è unica in Ticino. Ed era molto motivante contribuire a rilanciare l'AC Bellinzona dopo la brutta storia del fallimento.
Come riesce a conciliare tutti gli impegni, la vita privata, la professione, l'attività di allenatore
E' piuttosto difficile perché tutti questi impegni non mi lasciano molto tempo libero da dedicare a tutti gli altri interessi che ho. Ma il calcio è per me ancora un hobby e quindi un piacere. A volte è vero che mi sento molto stanco, ho il timore di non essere sufficientemente efficiente per soddisfate tutte le esigenze che mi vengono poste. Ma qui a Bellinzona ho trovato un gruppo di persone capaci e competenti che mi facilitano il lavoro.
Un allenatore giovane (40 anni) che dirige un gruppo di giovani
Ma, era forse più difficile allenare i ragazzini di dieci anni. Ma l'esperienza fatta con loro mi ha permesso di imparare molto e quindi riesco a gestire il gruppo con relativa facilità perché, onestamente, il lavoro da fare è uguale.
Come ha vissuto la passata stagione non priva di difficoltà
Ho chiaramente sentito subito la grossa responsabilità che mi ero assunto ma ho anche capito che si trattava per me di una grossa opportunità nel portare avanti un progetto su una piazza bellissima e molto esigente ma circondata anche da un grosso affetto che non poteva essere deluso. Perché è chiaro che la fortuna del Bellinzona è quella di essere circondato da un calore dei tifosi che non ha paragoni nel resto del Cantone. Certo, i momenti di difficoltà mi hanno fatto temere di non riuscire però alla fine abbiamo ottenuto quel che si cercava.
E gli obiettivi per la nuova stagione che sarà ancora più difficile
Vogliamo restare modesti e umili e continuare a lavorare seriamente per raggiungere quei risultati importanti che tutti si aspettano. E ne abbiamo i mezzi perché la squadra è competitiva ed è stata rafforzata con innesti importanti. E poi siamo molto fieri di essere riusciti a inserire nella rosa alcuni ragazzi che sono cresciuti nel Bellinzona. E' un segnale importante per la ricostruzione di una squadra che sappia mettere in campo anima e cuore. Sentimentalmente mi sentirei di dire che l'obiettivo stagionale è la promozione ma in queste situazioni bisogna mantenersi con i piedi per terra poiché non siamo soli a disputare il campionato, vi sono tutte le altre squadre che partono pure con i loro obiettivi. Quel che è certo è che la pressione la assumerò io personalmente con tutto lo staff: cercheremo in tutti i modi di evitare che la stessa ricada sulle spalle dei giocatori che devono poter affrontare tutte le partite con la testa libera e esprimere in questo modo tutte le loro potenzialità.